venerdì 16 marzo 2018

Padre Mosè: "Il mio numero di telefono è l'ultima speranza dei profughi"




Quello di Don Mussie Zerai, Padre Mosè, non è un numero di telefono qualsiasi.
È l'appiglio estremo, l'ultima traccia di umanità alla quale aggrapparsi per i molti che affrontano il Viaggio della Speranza.
Dalle "carrette" del mare, dai container arroventati nel cuore del deserto del Sahara, dalla straziante realtà dei lager libici, dalle carceri egiziane in cui vige un sistema di violenza che sfocia nella pura omertà o dagli isolati campi profughi del Sudan nei quali il tempo sembra essersi definitivamente fermato, i migranti chiamano e Don Mussie Zerai risponde.
Sempre.
Allerta la Marina Militare perché soccorra i barconi, si mette in contatto con le famiglie per ritrovare le tracce perdute, conforta e raccoglie le invocazioni.
Migrante tra i migranti, ha compiuto il suo Viaggio da Asmara a Roma nel 1992 e da quel preciso istante il suo prezioso impegno nel sociale non si è più arrestato, divenendo di rilevante e notevole entità.
Il suo legame con emarginati e immigrati è cominciato alla stazione Termini, dove in tanti cercavano soccorso e rifugio e dove Mussie Zerai ha trovato la sua strada, facendosi aiutare e aiutando a sua volta gli altri.
In questi anni sofferti e turbolenti in cui l'Italia da porto di partenza si è trasformata in punto di approdo, il suo nome è diventato sempre più noto. Soprannominato ''L'Angelo dei Profughi'', candidato al Premio Nobel per la Pace nel 2015, definito ''Pioniere'' dal "Time", autore insieme a Giuseppe Carrisi del progetto editoriale "Padre Mosè. Nel Viaggio della Disperazione il suo numero di telefono è l'ultima speranza" pubblicato dalla nota casa editrice "Giunti Editore" e inserito in seguito a ricerche condotte da differenti agenzie d'informazione tra le cento personalità più influenti del 2016, Mussie Zerai ormai non è più solo.
Ogni giorno è concretamente e attivamente presente all'interno del tessuto sociale: offre aiuto e denuncia, portando alla luce tragedie e drammi dimenticati, ma anche responsabilità, silenzi e omissioni.
La sua voce, come la sua volontà, è sempre ferma: ''È una sfida da accettare senza esitazioni, perché è in gioco il modo stesso dello 'stare insieme' che si è data la democrazia. Se non si accetta questa sfida, si rischia di imboccare una strada in ripida discesa, alla fine della quale vi è il buco nero della negazione dei diritti fondamentali dell'uomo. Perché oggi tocca ai profughi e ai migranti. E domani?''.
Uomo di straordinaria e profonda cultura e di spiccata sensibilità relativa i problemi che duramente attanagliano e affliggono la nostra società contemporanea nel corso dell'incedere del tempo, Don Mussie Zerai ha rilasciato un'intervista televisiva alle telecamere della redazione giornalistica "Fanpage.it", nella quale la vita privata de "L'Angelo dei Profughi" si fonde in perfetto connubio con i progetti umanitari promossi e supportati dall'Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, istituita il 31 Marzo 2006 con l'obiettivo di svolgere attività di volontariato esclusivamente per fini di solidarietà in favore di richiedenti asilo, rifugiati, beneficiari di protezione umanitaria presenti in Italia senza alcuno scopo di lucro e di remunerazione.
L'Agenzia realizza iniziative sociali, culturali ed educative volte a favorire l’integrazione degli immigrati sul territorio nazionale e specifiche attività di sostegno a progetti volti al rimpatrio, assicurando ai migranti, ai profughi e ai rifugiati assistenza amministrativa, legale, di formazione specialistica e servizi in sintonia con lo scopo associativo.
L'Organizzazione Non Governativa ha altresì lo scopo di sviluppare e partecipare ad attività di solidarietà e di lotta contro il razzismo, le discriminazioni e l’emarginazione sociale, tutelando i principi fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali, in particolare la "Convenzione Europea per i Diritti Umani e la salvaguardia delle Libertà Fondamentali".

"Dove non c'è rispetto per i diritti umani - dico i diritti inalienabili, inerenti all'uomo in quanto uomo -, non ci può essere pace, perché ogni violazione della dignità personale favorisce il rancore e lo spirito di vendetta."   

- Cit. Papa Giovanni Paolo II



Francesco Pivetta

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